mercoledì 23 aprile 2014

                                                          Enrico Cavallotti

                                                         GRIGIORI II

Tutti gli uòmini non costituìscono che un ùnico uomo con una sola idea rifratta infinite volte.
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Cominciamo la rivoluzione definitiva col danzare in luogo del camminare.

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Cominciamo la rivoluzione definitiva col danzare in luogo del camminare.

Talvolta mi pare di scòrgerla: è una colla còsmica che tiene unito e compatto l'universo, di per sé groviglio immane di frantumi eterni.
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Che male c'era a crearci in modo che avèssimo avuto dalla culla alla tomba tutto ciò avessimo voluto? Il màssimo poi sarebbe stato non provare assuefazione al nostro indefesso ed ìlare tirar su il secchio dal grato pozzo di Santo Patrizio. Un po' più di bontà e felicità spiranti pel cosmo mica avrebbe(ro) danneggiato nessuno... O forse, terribile ipotesi, non è stato proprio possibile farlo a chi di dovere?
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Se Dio, o chi per Lui, avesse creato un uomo migliore di quello che ha inteso creare, questi non sarebbe disposto a vìvere di tribolose umiliazioni sulla terra e d'inveterati compromessi con il cielo. Io, se sarà legge la risurrezione universale come da taluni è assicurato, vorrò rinascere soltanto quando sarò stato avvertito della creazione di un novello mondo, gioioso ed armonioso, ove l'uomo potrà èssere facitore di sé stesso, nessun altro azzardàndosi a concepìrlo e forgiarlo a suo capriccio. 
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Che tristezza negarsi a sé stessi per non èssere negati dagli altri! A volte, nel colmo dell'insicurezza di sé, si preferisce disprezzarsi per ciò che si accetta piuttosto che correre il rischio d'èssere disprezzati. Poco o punto c'importa di calpestare la nostra dignità se reputiamo in perìcolo l'assenso altrui al nostro partecipare. Teniamo assai più a ciò che sembriamo che a ciò che siamo: è così da sempre, presso le società "civili". Chi si ribella viene in effetti emarginato, a meno che non faccia clownescamente rìdere di cuore. Nel qual caso dai convitati gli saranno gettate nella bocca aperta briciole del banchetto cui ha assistito chino da dèbita distanza.
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Anziché all'opprimente Rinascimento di Roma e Firenze mille volte prediligo riandare a quello di Mantova e Ferrara. E vorrei che fra Ferrara e Mantova ogni minuto del giorno e della notte, nei feriali e nei festivi, in tutte le stagioni dell'anno, viaggiàssero àutobus e tassì, omnibus e calessi, bighe e frecce rosse, aerei e zàttere, sì che quasi con lo sguardo se non con la mano si sfiorassero tutt'e due, questi conventi d'Utopìa che pàiono cenobìtici ad ogni ammirazione del fugace forestiero. 
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Essere lìberi signìfica pensare a vànvera.
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Vìncere al Superenalotto è d'una facilità bambinesca rispetto alla possibilità d'azzeccare la meno infausta o tediosa fra le mille e mille possibilità d'azione e di pensiero che assèdiano ed insìdiano ogni ora della tua inavvertita giornata. 
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Un bel dì che niente avevi di meglio da fare hai deciso, ardito che sei, di costruirti una tua personale e stringente concezione dell' "io", della vita e del mondo: ciò che in favella tudesca dìcesi "Weltanschauung". Evita questo labore inùtile, civettuolo e démodé, in considerazione che le tèssere dell'erigendo puzzle non sono destinate a collocarsi nel dèbito posto. Senti a me: dài un calcio a 'st'impotenti lucubrari e vivi piuttosto alla giornata, con mente sfarfalleggiantìssima, e con istinti affatto affrancati dalle muffate e soffocanti consuetudini: aiutato, se càpita, dalle dande della fortuna e della salute a soddisfar le tue secrete e raffinate "gnàgnere" (1), che di sottoporre a giudizio morale niuno oserà giammai arrogarsi il bàrbaro diritto.
(1) "gnagnera" sta per voglia, appetito, capriccio, e se vuoi, su su infino a ùzzolo e libito
 

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Ogni procedimento lògico assume significato se indirizzato a negare sé stesso.
L'uomo è così ugellato (1) dalla Logica (com'è d'altronde schiavizzato dai sùbdoli ricatti della Morale).
(1) forma antica di "uccellare", gabbare, raggirare, etc.... Cfr. Sciascia, "La DC era sicura della vittoria. Tra l'altro, benissimo i democristiani sapevano della legge che poneva l'ineleggibilità dei gerarchi fascisti, dell'ex podestà in mala fede si servivano per uccellare gli elettori".

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La filosofìa occidentale sta tutta racchiusa tra Talete e Socrate. Da Platone in poi è una mesta processione d'uggiose bubbolate.
 
A chi o che cosa addebitare il nostro ragionar storto se non alla lògica aristotèlica? Sia essa bandita dalle scuole, dai pùbblici uffici, dai discorsi sentimentali.  
   
Càpita quando leggo il libro di un bravo scrittore che mi soffermi su un singolo periodo per riflettere su come lo avrei scritto io, con mie parole. Comparate le due "versioni" chiudo il libro in preda al pianto della più atra stizza.
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Si credeva una mente filosòfica perché si credeva a proprio agio nei ragionamenti complessi. In verità prendeva per complessità la tortuosità.
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Non di rado l'intelligenza rafforza la commozione, ma non di rado la commozione annebbia l'intelligenza.

Non ci si lasci ingannare dall'apparente somiglianza di Svizzera e Olanda nella comune esaltazione della produzione casearia. La Svizzera ha il suo punto forte negl'imi caveaux d'immisericordi banche, l'Olanda nei lunghi campi ove pròsperano i càlici polìcromi dei tulipani.
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Pasqua I) Conosco tante persone degne di fede le quali crèdono che l'agnello di Dio tolga i peccati del mondo. In verità, questo non lo so. Che dire? Può èssere. Io per certo so che l'agnello mio, già spezzettato ben bene in ogni parte sua, è pronto a trascòrrere di frigo in forno, indove festosamente inghirlandato da (s)grillettanti tocchetti patatini s'acconcia, nolente o volente, a trascòrrere da ultimo int' 'a bocca mia dischiusa: a saziar la gran fame che tengo d'esso, e della ghirlandetta sua.
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Pasqua II) Nei giorni presenti tripùdiano nella mia Olanda i tulipani e le mùsiche di Bach: a colorare la Natura, gli uni, l'Anima, le altre.
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Pasqua III) Mottetto - Agnello mio, nun ciai scampo pe' ddavero. Ciò 'na fame che me te magno puro coll'occhi!
(1) il tèrmine non sia riferito qui all'antica composizione musicale polifònica (per cui meglio sarebbe stato scritto "motetto") ma al sinonimo di "frizzo" o "lazzo" in una versione di grazioso diminutivo, di pasquale vezzeggiativo

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Pasqua IV) Gli agnelli a congresso avèan fondato un movimernto politico con l'obiettivo precipuo d'abolire le festività pasquali. La lobby de' cattolici l'ha messo fuorilegge per offesa al comune sentimento religioso. La vera tragedia, come scrivea un vecchio crìtico teatrale, si ha quando tutti hanno ragione.
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Pasqua  V)  "Mi piace il tuo petto", esclamava la réclame stradale di un unguento miracoloso sopra la foto di una maravigliosa donna in décolleté con le labbra dischiuse. Un agnello che passava lì per caso, intrav(v)ista la scritta affrettò 'l passo, e dileguò. 
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Pasqua VI) Ieri ho detto all'agnello guardàndolo dritto negli occhi: "Te tu mi garbi al forno". Non avevo ancora finito di dìrglielo che non l'ho più visto. 
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Pasqua VII) L'ànima del tacchino s'imbattè in un agnello, e così gli disse: "T'aspetto". E l'agnello d'un sùbito fuggitivo le gridò: "Tiè!", le corna colle zampette posteriori configurando.
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Pasqua VIII) Ad una convention di cattòlici chiese e prese in fine la parola l'agnello, il quale così parlò volto alla folta platea: "Esimi signori ed amàbili signore, siete voi certi di voler risòrgere? Occhèi. Me ne compiaccio. Ma non voglio qui tacervi che assai mi dorrei se voi v'aspettaste indarno che l'assenso mio schietto si trasformasse nel mio contributo". La platea, incazzata, fischiò. 
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Pasqua IX) Gli erètici che negàvano l'agnello a Pasqua ed il pesce alla vigilia del Natale come conchiudèvano i giorni loro rubelli? Abbrustoliti in coppa al rogo.
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Pasqua X) "Pasqua è la festa della Risurrezione!", se n'iva gioioso cantando a squarciagola l'agnello pei campi, poco innanzi d'assùrger a sàpido sapore sulle divote labbra del credente manducante.
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Pasqua XI) Risorgere? Per carità! Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.

In occasione delle grandi festività religiose alcuni credenti predilìgono pregare nell'intimità silente dell'ànima anziché nel festante trambusto degli osannanti templi.

Ebraismo, Buddhismo, Induismo, Ebraismo, Cristianesimo Islamismo, Deismo, Politeismo, Ateismo, Agnosticismo, Feticismo.... innùmeri i fàrmaci che ne' sècoli sono stati impiegati se non per abbàttere almeno per minare seriamente lo stato d'infelicità dell'èssere umano, ma nessuno di essi ha mai conseguito, nemmeno in parte, l'alto intento. Qualcosa nel cosmo non torna per ciò che concerne lo scomparto umano.
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Chi può convincermi che qualcuno bada a me e mi sta amorosamente proteggendo, nei momenti in cui lo strazio fisico mi làcera e divora? La fede me lo può far credere, ma intanto il dolore atroce persiste mentre definitivamente mi spengo. Voglio dire che se la fede fosse la moneta con cui pagarmi la fuga dalla tortura, io ce l'avrei, e se non ce l'avessi diverrei anche ladro pur d'impossessàrmene. Ma alla fine mi troverei senza bottino ed in galera.
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Il non-sapere è consapevolezza, il sapere è illusione. 
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Perché il Cristianèsimo si è comportato in modo così barbaro contro gli erètici quando il Cristo stesso era un ebreo erètico? 
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Non v'ha felicità che possa ricompensarmi di un mal di denti subito. Nulla giustìfica il dolore dell'uomo e nell'uomo, la cui fragilità una sorte tanto arcana quanto spregevole ha voluto bullonare sulla feroce indifferenza del Tutto. 
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L'ùnica cosa che forse vale nella vita, l'unico imperativo categorico che ci deve guidare, è l'istinto di ribellione allla miseranda condizione umana, all'impietosa realtà nella quale siamo costretti a campare. Ribellione del tutto vana, utopìa fallimentare, ma segnale della presenza in noi d'una vagheggiata dignità. 
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Brahms dopo Beethoven, ovvero l'immelanconimento dell'Io, stremato da un'epopea rivelàtasi insostenìbile. 
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Conseguenze paradossali, ma non troppo - Se l'esistenza è duro travaglio l'omicida sia tenuto per benefattore. 
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Dalle vette sublimi del "terzo stile" beethoveniano prende avvìo il ràpido disfacimento del linguaggio musicale che si suicida nel ventèsimo sècolo. Oggi s'aggìrano fra templi diruti mummie sonore orripilanti.
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I lavori sul versante tergiversante dell'uomo sono stati presi in appalto, fin dalle origini, dalla religione.
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Se voi uomini vi metteste una buona volta d'accordo su che cosa sia il Bene, seppure controvoglia lo farei. In mancanza di ciò faccio ciò che mi pare, e non azzardàtevi a dire che faccio male.
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Qual Paride nell'atto di giudicare la più bella beltade fra le tre mejo fèmmene (Era, Afrodite ed Atena), io mi sento in assai grave imbarazzo nell'assùmere e seguire una morale (1). Le quali sono sì numerose e suadenti e spesso convergenti (non si badi alle loro false contrapposizioni: il succo che da ognuna goccia è l'istesso) che all'uopo mi deciderò per un azzeccato mixer, o sia alato sincretismo, od ètico zabajone.
(1) dìcesi "morale" una covata di principi ntellettuali tradotti in un défilé di atti pratici ad essi affatto contrari

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I libri che non mi sono mai piaciuti non li ho mai letti.
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La parola è il segno della degenerazione dell'animale fàttosi uomo.  
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Credo che il riscatto dell'uomo risieda nel rifiuto del pentimento. A Don Giovanni Mozart ha conferito suoni tra i più belli.
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 La morale discende dal potere. Ogni potere ha la propria.  
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Da quando in orìgine le stelle fisse prèsero a cantare a quando un àttimo fa il mio dirimpettaio ha strimpellato obbrobri suoi al pianoforte, mai s'è udita al mondo mùsica più sconcia di quella novecentesca.
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Pensare è un vizio, da cui solo la morte ci lìbera. 
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Il piacere sottile di mentire presuppone la tetràgona certezza di una verità. Ma lorché ci si avvede che sul mercato detta verità non c'è, il mentire diventa artifizio intellettuale fine a sé stesso, finzione dialèttica astratta ed esornativa e perciò ancor più attraente per gli spìriti raffinati. 

Non havvi al mondo chi menta più di uno specchio. 
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 Come al pittore garba mostrar le tele proprie, ed al pizzicàgnolo i propri culatelli, non è al tutto bizzarro ipotizzare che abbia Iddio creato Adamo ed Eva affinche èsseri pensanti ammiràssero e rendèssero merito alla sua còsmica creazione. Tutti abbiamo i nostri punti dèboli.
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Il linguista avveduto inibisca il turpiloquio a quanti lo ùsano con naturalezza tale da depotenziarne l'icasticità.
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Sempre, ma in specie quando sono depresso, mi urta frequentare le persone che rèputo meno sciocche di me.
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Chi è vissuto che cosa può più temere dalla morte? 
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La prospettiva d'istupidire racchiude sottili attrattive. 
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Non studio né leggo più. Penso per esaurimento fino a che il motore non si fermerà. 
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Hanno scoperto un pianeta dove la vita umana sarebbe possìbile. Che cosa aspettiamo a distrùggerlo?  
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E' improbàbile che non ci sia nessuno che non trovi nel corso della vita uno stupido come lui incline a stimarlo. 
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Bertrand Russel: "Gli uòmini sono intelligenti ma perversi".
Karl Popper: "Gli uòmini sono stùpidi ma buoni".
Non mi meraviglierei se scoprìssimo di èssere perversi e stùpidi.

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Giunge un'età fràgile nella quale l'uomo vive meno di convincimenti che di consentimenti.
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La Ragione, invecchiàtasi ed ammalàtasi, s'avvide di non saper più che cosa dimandarsi, e s'abolì. 
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La coerenza in ragione della sua assoluta inutilità meriterebbe una medaglia al sacrificio  intellettuale.  
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Nessuna vittoria ti strema quanto quella ottenuta dalla tua ragione nel negare l'esistenza di Dio. 
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Il Dolore incontrò la Speranza e si congiunse a lei, che gli partorì Dio. 
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Quando la speranza s'incendia sino a trasformarsi in ìncubo, aggalla gigantesco ed incontenìbile il concetto di Dio. 
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Non pochi nell'ascoltare la mùsica si abbandònano alle più gratificanti e variegate sognerìe. In vero, la mùsica, assai più di altri linguaggi dell'arte, frantuma l'io" di chi ne gode all'ascolto per ricomporlo in forme immaginarie, per sòlito assai lusinghiere. 
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Poesiuola mesta, liberamente composta di tre senari ed un settenario, da adagiare all'uopo su i suoni d'un cèmbalo e d'una viola d'amore.
  Ciò che più mi duole
ed incazzar mi fa
è dell'esser mio
la superficialità.
 
 

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A scorrere ad una ad una le pagine della Storia universale dalle origini ad oggi, non è possìbile non vedere la bestia feroce e folle che è l'uomo, così come non è possìbile scòrgere la presenza, o semplicemente il segno, o la promessa, di una bontà divina. Anzi, nel nome di un Dio - qualunque Dio sia stato portato alla ribalta della realtà spirituale - quell'uomo si è scatenato nei sècoli, e si scatena tuttavìa, in azioni che neppure la bestia più folle e feroce saprebbe e vorrebbe còmpiere. Stermini di centinaia di milioni di uomini, eliminazione d'intere popolazioni, e razze, fra torture, roghi, violenze, stupri, eccidi, esplosioni atòmiche, etc... Nessuno oserà dirmi che l'uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio perché io gli domanderei: "Quale Dio?". 
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Amàbili amici, sono corso dal mèdico geriatra, il quale m'ha vivamente consigliato di tener in moto l'ormai liso cervello perché lo stesso non precìpiti in una discara discàrica di letargìa ferale. Domandato di qual rimedio dovessi io interessarmi, lo scienziato galenico ha proposto d'esercitare la mia dialèttica a confronto con uno o più amici nel sostenere la tesi contraria a quella da loro scelta e formulata, e poi con gli stessi scambiarsi le reciproche tesi, e sostenerle con eguale passione e apparente convinzione (1). Incuriosito della inusuale prescrizione ho chiesto al mio prode Asclepio ulteriori chiarimenti, sicché egli ha scritto sulla preziosa ricetta: "Prima d'iniziare il giuoco medicamentoso verificare che non si creda in nulla, e soprattutto in una verità "assoluta"; constatare che il carburante migliore per far camminare la macchina intellettuale resta il dubbio, di cui peraltro occorre dubitare come di una qualsivoglia certezza. Prèndere infine coscienza che ignoriamo tutto di tutto e che dunque tutto può èssere e nel contempo non èssere, onde non è dato adombrare non solo una scala di valori, ma gli stessi valori". Occhèi. Chi vorrebbe giuocare a detto giuoco con il mio "io" oggimai infermiccio di testa?
(1) già i maestri sofisti dell'aurea Grecia spronavano gli allievi a simile procedimento
 

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Tienti lontano quanto più è possìbile dalle ferali illusioni dell'arte. Rifiutati di ascoltare le note di Bach e Beethoven, di guardare i dipinti di Vermeer e Van Gogh, di lèggere le opere di Ronsard e Proust... Il linguaggio della poesìa è una breve festa in maschera: ti lusinga, risucchia, affattura, e ti spinge a confidare in una torma di fantasmi estetici che però, senza preavviso, vanìscono sul più bello facendoti ripiombare, nudo e indifeso, nell'insulsa realtà del mondo. L'ùnica speranza che ti rimane è quella che anche la miseranda "realtà effettuale" altro non sia che un fantasma, simile ad un fuoco fatuo ingenerato da un arcano capriccio del Nulla, ovvero - ipotesi più verisìmile - ingenerato da un improvviso ghiribizzo dell'umana follìa. L'arte non è dolce bàlsamo alla disperazione ma tòssica menzogna di felicità. L'annessa "catarsi" non ascesi dell'ideale ma raggiro del vero. 
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